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15 gen 2011

...fiore di oleandro

“Sono nella pioggia

che scivola sul parabrezza,

nella canzone che sta passando alla radio,

nelle tue labbra che sorridono quando pensano a noi.

Non può piovere per sempre.

Sto aspettando torni il sole…”

Lievi, dolci parole, appena sussurrate,

quasi a volerle imprimere nel vetro un po’ appannato,

le lasciò scivolare via,

così

leggere,

veloci…

Quella certa ragazza ormai,

non considerava nemmeno più il mondo attorno a lei,

non cercava più nessuna cosa,

alcuna risposta

fissava la vita di quella fredda mattina d’autunno scivolarle a fianco,

con lo stesso distacco con cui si guardano le foglie dagl’aceri

cadere in autunno,

così, come se fosse un niente, la vita.

Incuranti, a guardare il miracolo,

disinteressati davanti al ciclo naturale delle cose,

piccole foglie che lasciano la “Madre”

per ritornare ad Essere qualcos’altro… nel tutto, nell’insieme degli eventi.

La morte, che porta con sé, sempre, una rinascita.

Aveva il viso appoggiato al freddo finestrino

di quell’automobile diretta verso l’aeroporto,

che sfrecciava veloce attraverso i campi coltivati,

di quella infinita pianura.

L’ennesimo viaggio.

L’ennesima partenza.

Un altro distacco.

“Il problema ormai, è trovare la definizione esatta.”

Questa era stata la sua unica frase durante tutta la cena della sera prima.

Lui sapeva a cosa si riferiva.

In un certo qual modo la si poteva capire,

non è mai bello nella vita, non conoscere, dentro,

non capire qual è il nostro posto nel mondo

non sapere più ormai, se si sta partendo o tornando.

In lui un’immagine fissa, arrivata alla mente dai meandri di una notte

passata a riflettere, a cercare di trovare un modo per risolvere,

per riordinare

un ingarbugliato intreccio di confusione e rabbia…

un immagine fissa di lei:

una luna ormai persa nei labirinti infiniti di un cielo buio,

che non riesce più ad incontrare il suo sole,

per regalarsi quell’istante di infinita estasi,

l’eclissi,

l’unione di due corpi che insieme generano una forza talmente forte

da velare la terra, avvolgendola nel buio, nel mistero

nella magia.

Un abbraccio infinito che riesce a

toglie la luce al mondo reale.

“dimentichi una cosa”

...

Disse lui a voce ferma,

deciso

fissava la strada e non si scompose

ma iniziò a leggere dentro di se quelle parole che da sempre

erano incise nel suo cuore e che se ne restavano lì, ferme,

in attesa di quel momento

in attesa,

che anche quella pagina prendesse forma

“sei anche nella bellezza di quel fiore,

di quel bel fiore di oleandro...

rosa, fresco, vivo…

fiorito su quel dirupo, tra la terra e il niente...

aggrappato alla sua roccia,

baciato dal sole,

accarezzato dalla brezza,

che ti riporta ogni giorno il profumo del mare

e te ne rimani lì,

a bere la pioggia,

a considerare le stelle,

ad apprendere l’alternarsi delle maree

io invece, me ne sto qui e ti osservo

dal basso di questa terrazza, di questa casa,

affacciata sul mare,

sul nostro oceanomare,

che ci osserva e ci guida,

consigliandoci sempre le cose giuste

potrei risalire gli scogli

e venire a coglierti

ma tu lo sai che non lo farei mai,

io ti osservo

bellissima e pura

mentre fortifichi le tue radici

e se un giorno sentirai

che è giunto il momento di lasciare la roccia

ti lascerai cadere

giù, libera

nell’infinito vortice

dove si incontra il tutto …

terra, calore, buio

aria, stelle, sole

istanti, rimpianti, parole

carezze, lacrime, sudore, spasmi…

sfiderai l’abisso, per sfiorare il tutto

il vento deciderà per te,

perché tu, senti il vento

e di lui, ti sei fidata

e se ti condurrà su quel terrazzo,

quel terrazzo sarà la tua borderline

tra la vita e l’incanto

tra cielo e mare

catturata da quest’effimera e splendida realtà,

schiava ormai del sogno da cui prende origine

non avere mai nessun dubbio,

io sarò sempre su quella terrazza,

la nostra terrazza,

sospesa tra il nulla e il chissà dove,

e se vorrai trovarmi, perché solo tu potrai farlo

lascia che sia il vento a portatrici

io me ne starò lì, solo, a suonare il pianoforte,

bello e dannato come ti piace

con la giacca dello smoking sullo schienale,

fusciacca e papillon ben piegati e riposti sulla sedia

borsalino e bastone appoggiati sulla coda del piano

capello lungo, un vedo e non vedo sugl’occhi

barba di tre giorni

camicia bianca aperta

pantalone elegante sostenuto da bretella

scalzo … assolutamente a piedi nudi

calice di franciacorta rosé

riempito per metà

bottiglia nel cestello colmo di ghiaccio

le mie dita sui tasti

i miei occhi su di te

le labbra e le fossette

che s’incontrano in un sorriso

E questa musica…



1 commento:

Anonimo ha detto...

Bello... ciao,Juri, sii felice.