L’abituarsi ad un emozione, sul treno ieri ti ho sognata.
In quel vagone.
Ti ho voluta.
Il ricordo.
L’attesa.
I discorsi di persone che io non volevo.
Attimi infiniti e poi tu.
Pelle contro il mio pensiero.
Inerme forza per provare a fermare l’inevitabile.
Svolgersi di te. Su di me.
Ti amo. Inevitabile paura.
Ti amo. Falso pregiudizio.
Ti amo come colore fresco che cola su una tela candida. E subito dopo divento un sigaro.
E fumo voluttuoso tra le umide labbra di un dott. di Londra. Soffice e sinuoso m’infilo nella lieve stempiatura brizzolata. Sono la nera lana del suo dolce-vita.
Sono il ghiaccio nel bicchiere di Brandy.
Sono il tuo ultimo orgasmo.
Sono altro ma non te lo dico.
Sono la farfalla della morte.
Sono una madre che ha paura di suo figlio.
Sono il dolore.
Ti cercherò quando un giorno riderai di me.
Senza saperlo.
Ad una tua amica tu parlerai di me.
Senza soggetto.
Senza verbo.
Senza “esistere” io sarò impresso nelle tue parole.
E in quel momento diverrò pietra.
Sono nei tuoi sguardi.
Sono un controsenso.
Sono pane e velluto.
Sono le luci di un porto lontano.
Sono un cerchio.
Sono il colore giallo.
Sono un arco senza frecce.
Sono la tua paura.